venerdì 18 novembre 2016

Su cosa si vota

Da recenti sondaggi emerge che solo un terzo di chi ha deciso cosa votare afferma di aver capito di che cosa tratta il referendum.

Trattandosi di un argomento comunque importante, essendo da sempre sostenitore di un voto cosciente e ragionato, ed essendo convinto che i cittadini italiani siano meglio di come stampa e sondaggi li dipingono, auspico che chi ancora non lo ha fatto trovi il tempo di andare a leggere il testo della riforma.

Trovate tutto a questo link del sito della Camera, e in particolare:
Sono entrambi documenti di circa 50 pagine, e si possono leggere in poco tempo.

Chi volesse approfondire anche l'iter della legge, un altro documento, oltre 300 pagine con svariati rimandi alle minute delle discussioni parlamentari, sono le 'Schede di lettura'.  

Se avete poco tempo, potete anche leggere il mio riassuntino, disponibile in questo blog e sul sito NoviOnLine.

Buona giornata

    Claudio Casonato
Fondatore di Avanti Novi



giovedì 10 novembre 2016

Perchè si - Perchè no

Lo scorso 26 Ottobre ho avuto il piacere di presentare un interessante dibattito sul referendum costituzionale, tra Flaminio de Castelmur, a favore del NO, e Michele Fossati, a favore del SI.

Flaminio è un imprenditore di Alessandria, liberale, membro del comitato ALFARE e dell'associazione Gli Argonauti.

Michele è di Novi, commercialista e revisore contabile, anche lui liberale e membro di Avanti Novi.

Ho chiesto loro di presentare in breve quelli che per loro sono i punti chiave a favore del SI o del NO, per completare il discorso iniziato con il post precedente.

Buona lettura
      Claudio Casonato
Fondatore di Avanti Novi

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Perché NO - Flaminio de Castelmur

La riforma della Costituzione che sarà posta all’esame del referendum in Dicembre, ad una lettura approfondita, suscita molte perplessità. Vi è da chiedersi se gli errori presenti siano dovuti alla ricerca di effetti voluti espressamente o, più semplicemente, dovuti alla cronica incapacità tecnica a legiferare dei tecnici addetti alla redazione delle norme.
Brevemente, gli effetti voluti dai riformatori e proposti nel testo del referendum proposto, non si verificheranno per i seguenti motivi:
  • Risparmi: lo studio fatto dalla Ragioneria dello Stato li quantifica in una cifra che si aggira sui 54 milioni. Piuttosto poco per una riforma che tra le sue ragioni di essere poneva proprio questo scopo.
  • Superamento del bicameralismo paritario: un’esigenza forse non impellente, ma che si sarebbe potuta accettare. Ma non nel modo proposto. Le previsioni di nomina dei Senatori (indiretta di membri dei Consigli Regionali o Sindaci, non ancora normata da un provvedimento che dovrà essere approvato successivamente), le procedure di approvazione delle Leggi (839 parole nell’art. 70 dicono molto della complessità e farraginosità del procedimento), l’individuazione di competenze ripartite tra le Camere (quindi con un ruolo paritario, in molti campi) sono solo alcuni degli aspetti controversi della riforma.
  • Abbreviamento dei tempi: l’eliminazione dichiarata della c.d. “navetta” (la bozza di legge che transitava tra la Camera ed il Senato prima dell’approvazione con eguale testo) non avviene. La Camera Alta potrebbe infatti intervenire, oltre che sulle materie di sua stretta competenza, su ogni Legge approvata dalla Camera dei Deputati. Per cui i tempi non sarebbero così brevi, sempre. Inoltre non si capisce dove sorga l’esigenza di accelerare l’iter delle leggi, quando con la vecchia Costituzione i tempi medi di approvazione di norme su iniziativa del Governo, nel 2013 erano di 35 giorni. Oggi 195, ma forse è un problema di esecutivo più che di regole.
  • Riordino delle competenze Regionali: auspicabile in senso assoluto, discutibile nella previsione fatta. Infatti, se si provvede correttamente ad eliminare le competenze concorrenti, in molte materie lo Stato può intervenire a emanare le disposizioni generali e comuni, ricreando così una sovrapposizione di disposizioni destinata a dare molto lavoro alla Corte Costituzionale.
Vi sono altre parti suscettibili di critica. Brevemente ricordiamo il procedimento di nomina del Presidente della Repubblica, con un’elezione a maggioranza qualificata dei votanti, suscettibile di distorsioni ed inconvenienti. L’innalzamento della soglia per la presentazione di disegni di Legge popolare, portata a 150.000 firme, con il contentino del passaggio in Aula e della votazione delle stesse, con peraltro scarsa probabilità di approvazione. Il rinvio a norme successive per la messa in funzione e regolamentazione dei referendum consultivi e propositivi, significa la loro sostanziale inesistenza, visti gli esempi storici della regolamentazione delle rappresentanze sindacali di cui agli artt. 39 e 40 nella stesura del 1948.
Infine, poche previsioni sono condivisibili e forse previste per dare più forza alle ragioni del si. L’abrogazione delle Province, quella del Cnel, la previsione del referendum abrogativo a maggioranza dei votanti e la legge a data certa, sono norme condivisibili e, infatti, non discusse.
La sostanza del pensiero è che una riforma, fatta e scritta meglio, si sarebbe potuta auspicare. Ma gli aspetti previsionali sopra stigmatizzati, rendono questa Legge assolutamente da respingere. Nell’attesa di una nuova stesura più condivisa, che porti alla trentanovesima modifica della vecchia Costituzione, magari più profonda e meditata.

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Perché SI - Michele Fossati

Molti affermano che la Costituzione vigente sia perfetta: la più bella del mondo. Ma hanno letto le altre? E se era perfetta già nel 1948, perché la si è sottoposta ad almeno 13 lifting, incluso il grande e pasticciato intervento sul Titolo V? O forse i costituenti l'avevano generata malforme, e la perfezione è sopraggiunta solo dopo tutti quei ritocchi estetici? Mah!
La riforma che andremo a giudicare non è certamente perfetta, perché è frutto di molti compromessi politici. E' un illuso chi crede che il No porti ad una stagione riformatrice in vista di una futuribile, bellissima, riforma condivisa. Balle! Il No ne sarà la pietra tombale. Mancherà la volontà politica e mancherà, temiamo, anche il tempo. Tra l'altro gli anti riformisti potranno anche appellarsi al fatto che, per ben due volte in soli dieci anni, gli italiani abbiano detto No al superamento del bicameralismo paritario, alla riduzione dei parlamentari e all'abolizione degli enti inutili (CNEL e province).
  • RISPARMI. Una riforma costituzionale non si valuta in euro ma si giudica per la sua efficacia. La battaglia sui risparmi della riforma è il classico fumo negli occhi. Un taglio della spesa pubblica di un risibile uno per mille farebbe risparmiare dieci volte tanto. Ma PD, M5S e FI, articolazioni del Partito Unico della Spesa Pubblica (questa sì da primato mondiale!), preferiscono accapigliarsi per pochi milioni. Che, votando no, non verranno nemmeno risparmiati.
  • BICAMERALISMO PARITARIO. Rimarremo una repubblica parlamentare, ma a bicameralismo temperato, più simile ad altri grandi paesi europei, dove il Governo si sostiene solo sulla Camera bassa. Sarà solo quest'ultima a dare (o no) la fiducia e ad avere l'ultima parola su oltre il 90% delle leggi in discussione.
  • MORALIZZAZIONE. La necessità di avere la maggioranza in due camere “paritarie” genera la “compravendita” di parlamentari. Con la riforma, salvo che non si torni al proporzionale da prima repubblica, questo turpe mercato si ridurrà fino a quasi scomparire.
  • CORSIA PREFERENZIALE. E' introdotta una corsia preferenziale per i disegni di legge del Governo che, come contropartita, non potrà più abusare dello strumento del Decreto-legge, che tanti danni ha fatto nel generare la nostra disordinata legislazione.
  • SENATO. 215 poltrone in meno, 315 stipendi in meno. Non direttamente elettivo come in molte grandi democrazie, sarà composto da rappresentanti degli Enti Locali che raccorderà con lo Stato e con l'Unione Europea. Poteva essere fatto meglio? Può darsi. Mi chiedo, però, chi potrà convincere di nuovo i senatori a tagliare il (comodo) ramo sul quale sono seduti. 
  • REGIONI. La riforma del 2001 aveva creato 21 staterelli spendaccioni e arroganti. Sarebbe stato meglio abolirle. Accontentiamoci di questa limatura dei loro artigli e del messaggio politico.
  • ELEZIONE DEL PRESIDENTE. L'effetto combinato della riforma e della attuale legge elettorale potrebbe dare alla maggioranza governativa la possibilità di eleggersi un Presidente della Repubblica? No perché il quorum scenderà, al massimo, e a partire dalla settima votazione, ai 3/5 dei votanti presenti, ovvero 438 voti su 730 parlamentari. Il Governo dovrebbe avere, oltre ai 340 deputati dell'Italicum (se sopravviverà al vaglio della Corte Costituzionale), quasi tutti i senatori, cosa impossibile proprio grazie al metodo di selezione di questi ultimi. I “favori” delle minoranze, assenti per abbassare il quorum, non sono esclusi nemmeno oggi.
  • ENTI INUTILI. Benissimo eliminare il CNEL e le sue inutilmente costose 65 poltrone. Non ne sentiremo la mancanza. Toglierle dalla Costituzione le province è il primo, indispensabile, passo per abolirle davvero. E potrebbe essere un esempio per la miriade di enti inutili che non si riesce a spazzare via.

Referendum: Si e No, ma su cosa devono decidere i cittadini?


Penso che si siano tutti accorti che tra poco meno di un mese si andrà a votare per un referendum, per approvare o bocciare la riforma della costituzione che porta il nome Renzi-Boschi. Le fazioni del Sì e del No continuano darsi battaglia a forza di slogan e di interpretazioni a volte forzate ed a volte bizzarre di quello che succederebbe se vincesse “l’altro”.
Siccome il voto è importante, sempre, e bisogna sempre decidere con la propria testa, abbiamo  cercato di andare a vedere cosa è stato scritto esattamente nel testo della riforma, disponibile sul sito della Camera (http://www.camera.it/leg17/465?tema=riforme_costituzionali_ed_elettorali).

Non pretendiamo di dirvi come votare. Cercheremo solo di spiegare quello che abbiamo capito leggendo la riforma, e cosa può succedere votando in un modo o nell'altro.  Starà poi a voi leggere il testo della legge, cercare altre opinioni, e poi decidere cosa ritenete sia meglio.
Innanzi tutto, a differenza dei referendum ‘abrogativi’, come l’ultimo sulle ‘trivelle’, non esiste un quorum, ovvero il risultato sarà vincolante sia che voti solo l’1% o il 100% degli italiani. Anche se la riforma tocca diversi aspetti, che sarebbe forse stato meglio votare separatamente, la legge italiana prescrive un voto per la legge nel suo insieme. Quindi solo un sì o un no per approvare o rifiutare il tutto.

Leggendo il testo della riforma, si vede che i punti sono in sostanza 6:
  • superamento del bicameralismo perfetto
  • modifica del meccanismo dei referendum e dei relativi quorum,
  • riduzione del numero dei senatori e taglio delle spese
  • revisione della suddivisione delle competenze tra Stato e Regioni
  • eliminazione delle province dalla costituzione
  • soppressione del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro.
Per quanto riguarda il primo punto, il superamento del bicameralismo perfetto, la riforma rivede in modo profondo il modo in cui vengono fatte le leggi in Italia. Oggi ogni legge deve essere approvata nello stesso identico testo sia dalla camera che dal senato, ovvero se il testo approvato alla camera passa al senato che cambia una virgola, deve nuovamente passare alla camera. Con la modifica, la Camera diventa il principale organo per l’approvazione delle leggi, mentre il Senato assume una funzione di controllo e competenze specifiche su alcuni temi, come i rapporti stato-regioni e le relazioni con la Comunità Europea. Tra le tante modifiche tecniche, vengono per esempio introdotti un limite alla decretazione d’urgenza, un tempo limite per la discussione di una legge, e l’obbligo per i deputati di partecipare alle sedute dell’assemblea e delle commissioni.

Votare a favore dovrebbe rendere il processo legislativo più facile e veloce, e probabilmente meno soggetto ad accordi di compromesso per mettere d’accordo due camere.
Votare contro significa lasciare le cose come stanno, evitando il rischio di uno strapotere del governo e possibili complicazioni legate al potere di controllo del senato.

Per quanto riguarda il secondo punto della riforma, la modifica del meccanismo dei referendum e dei relativi quorum, i cambiamenti proposti sono significativi.  Se per un referendum abrogativo si raccolgono almeno 800.000 firme, il quorum diventa la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni, mentre resta metà degli aventi diritto se si raccolgono solo 500.000 firme.  Vengono introdotte nuove forme di referendum, e aumenta dal 50 a 150 mila il numero di firme per fare una proposta di legge di iniziativa popolare, ma con l’obbligo di discuterla in tempi certi.
Votare si permette di avere nuove opzioni ed un quorum più basso, votare no mantiene la situazione attuale.

Riduzione del numero dei senatori e taglio delle spese. Nel cambiare il sistema bicamerale perfetto, il senato viene pesantemente riformato. Gli attuali 315 senatori eletti in collegi a base regionale spariscono, sostituiti da 95 senatori in rappresentanza delle ‘istituzioni territoriali’ più 5 che ‘possono essere’ nominati dal Presidente della Repubblica (che, per inciso, con la riforma mantiene gli stessi diritti e doveri che ha adesso).
I nuovi 95 + 5 senatori non avranno diritto all’indennità parlamentare. I 95 sono scelti, con modalità che devono ancora essere definite per legge ordinaria, tra consiglieri regionali e sindaci (almeno 1 per regione), incarichi per cui già hanno un’indennità, e decadono quando decade il loro mandato locale. I 5 senatori di nomina presidenziale non saranno più “a vita”: dureranno in carica 7 anni e non potranno essere rinominati.

Questa modifica renderà il senato un organo abbastanza fluido, in quanto i senatori non saranno legati alla legislatura bensì alle elezioni locali, quindi potrà succedere che la composizione del senato cambi mese per mese.
Sul taglio delle spese, certamente ci sono tante opzioni che permetterebbero risparmi maggiori, ma questa è quella, certamente migliorabile, disponibile al momento.

Votare sì significa ridurre il numero dei senatori e costringere alcuni amministratori locali al doppio lavoro, votare no significa mantenere il senato attuale, votato direttamente dai cittadini.
Relativamente al quarto punto, la revisione della suddivisione delle competenze tra Stato e Regioni, con una precedente riforma, lo stato aveva delegato diverse responsabilità alle regioni, portando in alcuni casi a differenza normative tra regione e regione a volte bizzarre. Con la riforma Boschi, molte responsabilità ritornano allo stato, purtroppo con qualche punto non ben definito, che riceve anche la possibilità di imporre alle regioni norme e provvedimenti in tutti i settori, quando vi sia una necessità di interesse nazionale.

Votare sì significa riportare allo stato molte responsabilità che ora sono delle regioni, e votare sì significa mantenere l’attuale situazione con leggi diverse da regione a regione.
Il quinto punto riguarda l'eliminazione delle province dalla costituzione. Molte delle responsabilità delle province sono già state eliminate da diverse leggi ordinarie, ma essendo le ‘province’ espressamente citate nella costituzione non è possibile eliminarle del tutto. Con la riforma si elimina la parola ‘provincia’ dalla costituzione, permettendo di cancellare questo livello dello stato.

Votare sì significa permettere la definitiva eliminazione delle province, votare no significa mantenere questo livello della struttura pubblica.
Al sesto punto la soppressione del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL), su cui sono quasi tutti d’accordo. È un ente che dovrebbe suggerire al parlamento politiche economiche, ma in pratica ha sempre fatto poco o nulla. Votare sì significa eliminare un ente praticamente inutile, votare no lo manterrebbe in vita.

La propaganda da ambo i lati ha alzato i toni, paventando rischi spaventosi in caso di vittoria di una o l’altra ipotesi. Diventa utile quindi dire anche cosa non succederà. Tra le tante cose dette, ne prendiamo ad esempio solo due, che hanno avuto parecchia eco soprattutto sui social network.
  • La prima: se vince il no non è vero che l’Italia torna indietro di trent’anni. Le cose restano semplicemente come sono adesso.
  • La seconda: se vince il sì non è vero che l’Europa deve approvare le nostre leggi. L’articolo 117 resta come era prima, cambia solo il nome dato alla comunità europea nella nostra costituzione.
Ovviamente dietro ognuno di questi punti si possono fare molti ragionamenti e ipotizzare tanti scenari, ed ognuno ha il diritto, se non il dovere, di fare le proprie riflessioni.

Votate come preferite, ma fatelo su quello che è scritto nella norma.
    Claudio Casonato
Fondatore di Avanti Novi

NOTA: A questo link (cliccare qui) un post con le ragioni del NO di Flaminio de Castelmur, del movimento liberale ALFARE, e le ragioni del SI di Michele Fossati, di Avanti Novi.

domenica 6 novembre 2016

PIAZZA VENTI SETTEMBRE: A NOVI I PARCHEGGI SONO “SPECIE IN VIA DI ESTINZIONE”?



Qualche giorno fa, dopo diversi anni di attesa, sono state ridipinte le strisce che delimitano i parcheggi in piazza Venti Settembre: un intervento che, pur andando incontro a varie richieste, anche nostre, come al solito è stato realizzato in un modo che ha suscitato perplessità. 

Sembra proprio che l’amministrazione comunale a fare le cose preso e bene proprio non ce la faccia.

E’ vero che ora hanno ingrandito i singoli posti, ma così facendo sono andati perduti diversi parcheggi

alcuni ci hanno detto una ventina, ma vi invitiamo ad andare in piazza, cercare le strisce vecchie (sono coperte con vernice nera, ma si vedono ancora) e verificare di persona

Una perdita che poteva essere compensata tranquillamente trasformando in posti gratuiti tutti i parcheggi a pagamento che, invece, in piazza sono ancora quasi tutti lì.

Oltre a ciò, sul lato della piazza abbiamo visto altri due motivi di perplessità.

Primo, i posti riservati ai disabili, anziché essere disegnati il più vicino possibile alle strisce pedonali, sono stati posti “a panino” tra due blocchi di parcheggi a pagamento.

Secondo, gli unici posti gratuiti aggiunti sul lato verso la ferrovia sono quelli accanto al boccione dell’acqua di Acos: evidentemente, nella testa di sindaco e assessori, è la fontana di Acos la cosa da privilegiare, con buona pace dei commercianti di via Roma e dintorni.

Ma noi di Avanti Novi il cuore in pace non lo mettiamo affatto, e continueremo a essere, come lo siamo sempre stati, a disposizione di chi, in via Roma e altrove, con il loro lavoro sempre più tassato dal fisco e tartassato dalla burocrazia, tiene vive aree della città la cui vivibilità è patrimonio di tutti, zone che altrimenti sarebbero condannate al degrado e all’oblio.

E se servisse a qualcosa chiedere (provocatoriamente, è chiaro) al WWF di inserire il parcheggio novese tra le specie in via di estinzione ebbene, faremo anche questo.