Penso che si siano tutti accorti che tra poco
meno di un mese si andrà a votare per un referendum, per approvare o bocciare la
riforma della costituzione che porta il nome Renzi-Boschi. Le fazioni del Sì e
del No continuano darsi battaglia a forza di slogan e di interpretazioni a
volte forzate ed a volte bizzarre di quello che succederebbe se vincesse
“l’altro”.
Siccome il voto è importante, sempre, e
bisogna sempre decidere con la propria testa, abbiamo cercato di andare a vedere cosa è stato
scritto esattamente nel testo della riforma, disponibile sul sito della Camera
(http://www.camera.it/leg17/465?tema=riforme_costituzionali_ed_elettorali).
Non pretendiamo di dirvi come votare.
Cercheremo solo di spiegare quello che abbiamo capito leggendo la riforma, e cosa
può succedere votando in un modo o nell'altro.
Starà poi a voi leggere il testo della legge, cercare altre opinioni, e
poi decidere cosa ritenete sia meglio.
Innanzi tutto, a differenza dei referendum
‘abrogativi’, come l’ultimo sulle ‘trivelle’, non esiste un quorum, ovvero il
risultato sarà vincolante sia che voti solo l’1% o il 100% degli italiani.
Anche se la riforma tocca diversi aspetti, che sarebbe forse stato meglio
votare separatamente, la legge italiana prescrive un voto per la legge nel suo
insieme. Quindi solo un sì o un no per approvare o rifiutare il tutto.
Leggendo il testo della riforma, si vede che i
punti sono in sostanza 6:
- superamento del bicameralismo perfetto
- modifica del meccanismo dei referendum e dei relativi quorum,
- riduzione del numero dei senatori e taglio delle spese
- revisione della suddivisione delle competenze tra Stato e Regioni
- eliminazione delle province dalla costituzione
- soppressione del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro.
Votare a favore dovrebbe rendere il processo
legislativo più facile e veloce, e probabilmente meno soggetto ad accordi di
compromesso per mettere d’accordo due camere.
Votare contro significa lasciare le cose come stanno,
evitando il rischio di uno strapotere del governo e possibili complicazioni
legate al potere di controllo del senato.
Per quanto riguarda il secondo punto della
riforma, la modifica del meccanismo dei referendum e dei relativi quorum, i
cambiamenti proposti sono significativi.
Se per un referendum abrogativo si raccolgono almeno 800.000 firme, il
quorum diventa la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni, mentre resta
metà degli aventi diritto se si raccolgono solo 500.000 firme. Vengono introdotte nuove forme di referendum,
e aumenta dal 50 a 150 mila il numero di firme per fare una proposta di legge
di iniziativa popolare, ma con l’obbligo di discuterla in tempi certi.
Votare si permette di avere nuove opzioni ed
un quorum più basso, votare no mantiene la situazione attuale.
Riduzione del numero dei senatori e taglio
delle spese. Nel cambiare il sistema bicamerale perfetto, il senato viene
pesantemente riformato. Gli attuali 315 senatori eletti in collegi a base
regionale spariscono, sostituiti da 95 senatori in rappresentanza delle
‘istituzioni territoriali’ più 5 che ‘possono essere’ nominati dal Presidente
della Repubblica (che, per inciso, con la riforma mantiene gli stessi diritti e
doveri che ha adesso).
I nuovi 95 + 5 senatori non avranno diritto
all’indennità parlamentare. I 95 sono scelti, con modalità che devono ancora
essere definite per legge ordinaria, tra consiglieri regionali e sindaci
(almeno 1 per regione), incarichi per cui già hanno un’indennità, e decadono
quando decade il loro mandato locale. I 5 senatori di nomina presidenziale non
saranno più “a vita”: dureranno in carica 7 anni e non potranno essere
rinominati.
Questa modifica renderà il senato un organo
abbastanza fluido, in quanto i senatori non saranno legati alla legislatura
bensì alle elezioni locali, quindi potrà succedere che la composizione del
senato cambi mese per mese.
Sul taglio delle spese, certamente ci sono
tante opzioni che permetterebbero risparmi maggiori, ma questa è quella,
certamente migliorabile, disponibile al momento.
Votare sì significa ridurre il numero dei
senatori e costringere alcuni amministratori locali al doppio lavoro, votare no
significa mantenere il senato attuale, votato direttamente dai cittadini.
Relativamente al quarto punto, la revisione
della suddivisione delle competenze tra Stato e Regioni, con una precedente
riforma, lo stato aveva delegato diverse responsabilità alle regioni, portando
in alcuni casi a differenza normative tra regione e regione a volte bizzarre.
Con la riforma Boschi, molte responsabilità ritornano allo stato, purtroppo con
qualche punto non ben definito, che riceve anche la possibilità di imporre alle
regioni norme e provvedimenti in tutti i settori, quando vi sia una necessità
di interesse nazionale.
Votare sì significa riportare allo stato molte
responsabilità che ora sono delle regioni, e votare sì significa mantenere
l’attuale situazione con leggi diverse da regione a regione.
Il quinto punto riguarda l'eliminazione delle
province dalla costituzione. Molte delle responsabilità delle province sono già
state eliminate da diverse leggi ordinarie, ma essendo le ‘province’
espressamente citate nella costituzione non è possibile eliminarle del tutto.
Con la riforma si elimina la parola ‘provincia’ dalla costituzione, permettendo
di cancellare questo livello dello stato.
Votare sì significa permettere la definitiva
eliminazione delle province, votare no significa mantenere questo livello della
struttura pubblica.
Al sesto punto la soppressione del Consiglio
nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL), su cui sono quasi tutti d’accordo. È un
ente che dovrebbe suggerire al parlamento politiche economiche, ma in pratica
ha sempre fatto poco o nulla. Votare sì significa eliminare un ente
praticamente inutile, votare no lo manterrebbe in vita.
La propaganda da ambo i lati ha alzato i toni,
paventando rischi spaventosi in caso di vittoria di una o l’altra ipotesi.
Diventa utile quindi dire anche cosa non succederà. Tra le tante cose dette, ne
prendiamo ad esempio solo due, che hanno avuto parecchia eco soprattutto sui
social network.
- La prima: se vince il no non è vero che l’Italia torna indietro di trent’anni. Le cose restano semplicemente come sono adesso.
- La seconda: se vince il sì non è vero che l’Europa deve approvare le nostre leggi. L’articolo 117 resta come era prima, cambia solo il nome dato alla comunità europea nella nostra costituzione.
Votate come preferite, ma fatelo su quello che
è scritto nella norma.
Claudio Casonato
Fondatore di Avanti Novi
NOTA: A questo link (cliccare qui) un post con le ragioni del NO di Flaminio de Castelmur, del movimento liberale ALFARE, e le ragioni del SI di Michele Fossati, di Avanti Novi.
NOTA: A questo link (cliccare qui) un post con le ragioni del NO di Flaminio de Castelmur, del movimento liberale ALFARE, e le ragioni del SI di Michele Fossati, di Avanti Novi.
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